Title / Titolo: Archphoto 2.0_00 . 1861–2011
Author / Autore: Various
Subject / Soggetto: Architettura
Year / Anno 2012
Language / Lingua: Inglese
Pages / Pagine: 24
Color images / Immagini a colori: 3
B&W images / Immagini in B/N: 14
Formato: 22,5×31,5 cm
Binding / Rilegatura: Punto metallico
ISBN: 978-88-95459-06-6
Price / Prezzo: 10,00 €
archphoto 2.0 is a printed magazine spawned by the now well-established Archphoto.it, a digital webzine started in 2002 as a critical review of architecture and design issues in connection with visual arts- and social sciences-related disciplines. This new venture aims at consolidating the critical thought expressed on the web by Archphoto, that will go on and will be complemented by the print magazine’s new contributions. A debate on the theoretical discussion of the issues related to architecture and society seen from the multiple points of view of the disciplines that complement architecture: contemporary art, anthropology, sociology, photography, cinema, literature, music, design. None of the hundreds of architecture magazines currently published in Italy offers an in-depth analysis of cities’ problems and the role of architects in the transformation processes. These magazines try to attract readers with dramatic pictures of buildings, with two of the them even featuring the same design in one month. The virtual disappearance of the practice of criticism has induced a flattening of design quality – designs are never criticized, as they should be even harshly, in order to favour the emergence of the most deserving works and insights. Our magazine’s goal is to direct and define a cultural project where the top priority is the experimentation on language. Our model is Marcatrè, the magazine representing the Gruppo ’63 literary group, edited by Eugenio Battisti with the invaluable contribution of sublime graphic artist Magdalo Mussio. Only a powerful thematic analysis can make a difference between archphoto 2.0 and the other magazines. archphoto 2.0 wants to become the breeding ground of an alternative culture that confronts the prevailing system with an ambition to cross national borders and open up to the world. As Battisti wrote in Marcatrè’s first issue: “This is a Genoa-based magazine, and as such it has a specific environmental situation. Everybody complains about Liguria being isolated from the avenues of cultural activity; what little happens here hardly finds any echo on the national scene” – an unforgiving assessment that unfortunately still stands true today! “We go to exhibitions – wrote Battisti – to criticize the judgment of curators… we do not want to sit back and watch but to act and confront today’s situation”. That’s it – act out and not make our thing in a corner, discuss problems and, sometimes, suggest possible solutions. For the last twenty years Italian designers and academicians have lived in theoretical and media isolation and this has greatly damaged Italian architecture and the way it is perceived outside its borders. Our country’s crisis does not affect just architecture – being transversal, it reaches cinema as well as photography and contemporary art. For this reason Italy finds it difficult to abandon the stereotypes of neo-realism or Fellini’s dolce vita.
If today we fail to produce buildings that stand on their own on the international scene, it is not just because there is no adequate legislation supporting the production of public architectural works (not just buildings!) but also because architects are unable to confront their work not just in theoretical terms (where we are better prepared) but also on a practical level. This is true in terms of both architectural language and the work’s size in connection with the plan’s often urban scale, with the production of small-scale contributions (housing, redevelopment or collective housing) that fail to change their context such as Euralille, the Berlin IBA or the Bilbao Guggenheim. 1861-2011 is the title of the magazine’s number zero issue, an insight of how Italian society has changed over 150 years through its architecture and visual arts. How have Italian cities evolved/involved? Should Italy be considered a country that is hostile to architecture? We can and must write another, stereotype-free Italian history, this is why we have given this issue a blank cover. An encouragement to start again from Italian contemporary culture’s ground zero to rebuild, redesign new projects, new languages that can compete with their European, Spanish, Dutch, German and British counterparts, as well as Asian superpowers, China and India, or North and South America. Precisely for this reason we decided to opt for the “classic” radical fanzine format, Archigram-style, in English only in an attempt to start a dialogue with the rest of the world. These are the premises of archphoto 2.0, an uncompromising, radical magazine, open to the propagation of knowledge that cannot remain confined in the isolated room of self-referential intellectualism but should build a widespread and self-aware process of cultural innovation open to society.
archphoto 2.0 è una rivista stampata nata dall’ormai consolidata Archphoto.it, una webzine digitale avviata nel 2002 come una rivista critica sulle questioni di architettura e design in connessione con le discipline delle arti visive e delle scienze sociali. Questa nuova impresa mira a consolidare il pensiero critico espresso sul web da Archphoto, che continuerà e sarà completato dai nuovi contributi della rivista stampata. Un dibattito sulla discussione teorica delle questioni legate all’architettura e alla società vista dai molteplici punti di vista delle discipline che completano l’architettura: arte contemporanea, antropologia, sociologia, fotografia, cinema, letteratura, musica, design. Nessuna delle centinaia di riviste di architettura attualmente pubblicate in Italia offre un’analisi approfondita dei problemi delle città e del ruolo degli architetti nei processi di trasformazione. Queste riviste cercano di attirare i lettori con immagini drammatiche di edifici, con due di esse che presentano persino lo stesso progetto in un mese. La scomparsa virtuale della pratica della critica ha indotto un appiattimento della qualità del design – i progetti non vengono mai criticati, come dovrebbero essere anche aspramente, per favorire l’emergere delle opere e delle intuizioni più meritevoli. L’obiettivo della nostra rivista è dirigere e definire un progetto culturale dove la priorità assoluta è la sperimentazione sul linguaggio. Il nostro modello è Marcatrè, la rivista che rappresenta il Gruppo ’63, curata da Eugenio Battisti con il prezioso contributo del sublime grafico Magdalo Mussio. Solo un’analisi tematica potente può fare la differenza tra archphoto 2.0 e le altre riviste. archphoto 2.0 vuole diventare il terreno fertile di una cultura alternativa che confronta il sistema prevalente con l’ambizione di attraversare i confini nazionali e aprirsi al mondo. Come scriveva Battisti nel primo numero di Marcatrè: “Questa è una rivista genovese, e come tale ha una situazione ambientale specifica. Tutti si lamentano del fatto che la Liguria sia isolata dalle vie dell’attività culturale; quel poco che accade qui difficilmente trova eco sulla scena nazionale” – una valutazione spietata che purtroppo è ancora vera oggi! “Andiamo alle mostre – scriveva Battisti – per criticare il giudizio dei curatori… non vogliamo sederci e guardare ma agire e confrontarci con la situazione di oggi”. È così – agire e non fare le nostre cose in un angolo, discutere i problemi e, a volte, suggerire possibili soluzioni. Negli ultimi vent’anni i designer e gli accademici italiani hanno vissuto in un isolamento teorico e mediatico e questo ha danneggiato gravemente l’architettura italiana e il modo in cui è percepita al di fuori dei suoi confini. La crisi del nostro paese non riguarda solo l’architettura – essendo trasversale, raggiunge il cinema così come la fotografia e l’arte contemporanea. Per questo l’Italia trova difficile abbandonare gli stereotipi del neorealismo o della dolce vita felliniana. Se oggi non riusciamo a produrre edifici che si impongano sulla scena internazionale, non è solo perché non esiste una legislazione adeguata a supportare la produzione di opere architettoniche pubbliche (non solo edifici!) ma anche perché gli architetti sono incapaci di confrontarsi con il loro lavoro non solo in termini teorici (dove siamo meglio preparati) ma anche a livello pratico. Questo è vero sia in termini di linguaggio architettonico che di dimensioni dell’opera in relazione alla scala spesso urbana del progetto, con la produzione di contributi di piccola scala (abitazioni, riqualificazione o edilizia collettiva) che non riescono a cambiare il loro contesto come Euralille, la IBA di Berlino o il Guggenheim di Bilbao. 1861-2011 è il titolo del numero zero della rivista, una panoramica su come la società italiana è cambiata in 150 anni attraverso la sua architettura e le arti visive. Come si sono evolute/involute le città italiane? L’Italia dovrebbe essere considerata un paese ostile all’architettura? Possiamo e dobbiamo scrivere un’altra storia italiana, libera da stereotipi, per questo motivo abbiamo dato a questo numero una copertina bianca. Un incoraggiamento a ripartire dal punto zero della cultura contemporanea italiana per ricostruire, ridisegnare nuovi progetti, nuovi linguaggi che possano competere con i loro omologhi europei, spagnoli, olandesi, tedeschi e britannici, così come le superpotenze asiatiche, Cina e India, o le Americhe del Nord e del Sud. Proprio per questo motivo abbiamo deciso di optare per il formato “classico” della fanzine radicale, in stile Archigram, solo in inglese nel tentativo di avviare un dialogo con il resto del mondo. Queste sono le premesse di archphoto 2.0, una rivista intransigente, radicale, aperta alla propagazione del sapere che non può rimanere confinata nella stanza isolata dell’intellettualismo autoreferenziale ma deve costruire un processo diffuso e consapevole di innovazione culturale aperta alla società.